Sono Massimo Polidori. Insegno religione nella scuola media. Ho conseguito il Magistero in Scienze Religiose presso l`Università Pontificia Lateranense e la Laurea in Filosofia presso l`Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Ho sempre avuto come modello di vita e come modello di insegnante la figura profetica di Don Lorenzo Milani. La seguente sua riflessione sulla scuola, che cito testualmente, è sempre stata un punto di riferimento essenziale del mio essere insegnante: «La scuola siede tra il passato ed il futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità, dall’altro la volontà di leggi migliori … Il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso» (Don Lorenzo Milani). A questo proposito è facile intuire che, mentre il passato è un riferimento tradizionale e scontato per la scuola, la considerazione del futuro, oltre ad essere un riferimento abbastanza recente, è ancora di difficile attuazione perché richiede un cambiamento radicale e costante del modo di fare scuola, indirizzato al superamento delle tradizioni obsolete, allo sviluppo dell’autonomia e all’apertura alla progettazione del futuro.


Esperienze formative e professionali.

Ho svolto le mie prime esperienze come insegnante di religione cattolica nel 1992 ed ho ottenuto il primo incarico nel 1995, subito dopo aver conseguito il Magistero in Scienze Religiose presso la Pontificia Università Lateranense. Contemporaneamente agli impegni lavorativi, ho proseguito i miei studi universitari ed ho conseguito la Laurea in Filosofia, presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” nell’anno accademico 2002/2003. Ho iniziato la mia carriera scolastica nelle scuole medie superiori, ma ho trovato piena stabilità lavorativa nella scuola secondaria di primo grado. Dall’anno scolastico 2001-2002, infatti, ho ottenuto l’incarico di 18 ore presso la Scuola Secondaria di Primo Grado Viale Manzoni di Pomezia ove attualmente insegno. In precedenza avevo prestato servizio come insegnante di religione nelle seguenti scuole:

ANNO SCOLASTICO


1995-1996
1996-1997; 1997-1998
1998-1999
1999-2000
2000-2001


SCUOLA


LICEO SCIENTIFICO E CLASSICO “MEUCCI” – APRILIA (LT)
LICEO SCIENTIFICO “PASCAL” – POMEZIA (RM)
ISTITUTO SUPERIORE D’ARTE “MERCURI” – MARINO (LT)
ISTITUTO SUPERIORE STATALE TECNICO INDUSTRIALE “MARCONI” – LATINA (LT)
ISTITUTO SUPERIORE STATALE TECNICO COMMERCIALE “ROSSELLI” – APRILIA (LT)



La mia esperienza di insegnamento

Com’è noto, l’insegnamento della religione cattolica, pur essendo inserito nella scuola italiana da molto tempo, solo con la revisione del Concordato avvenuta nel 1984, ha assunto una fisionomia pienamente scolastica, superando l’impostazione catechistica che aveva caratterizzato la sua presenza nella scuola nel periodo precedente. L’art. 2 della Legge 23.05.1985 n° 121 così recita: “La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”. Anche lo Stato Italiano quindi, superando una visione indifferentista nei confronti della religione, riconosce il valore culturale del cattolicesimo e la sua natura di radice storica del popolo italiano. Il risultato è la costituzione di una disciplina sui generis che intende rispondere ad una duplice esigenza: quella espressa dalla società civile, protesa alla salvaguardia della laicità dello Stato e al contemporaneo riconoscimento della dimensione pubblica della religione, e quella della Chiesa Cattolica, protesa a difendere la confessionalità, come risorsa pienamente educativa da spendere all’interno della scuola nella formazione delle nuove generazioni.
Non si può qui riassumere il dibattito che si è avuto in Italia, né si possono esporre tutti i problemi che ha vissuto e che tutt'ora vive l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) nella scuola italiana, mi limito però a rilevare che tale insegnamento, ancora oggi, non ha trovato una adeguata stabilità all’interno della scuola. Nonostante le dichiarazioni di principio, la sua diversità rispetto alle altre discipline scolastiche e la sua confessionalità (dei contenuti ma non dei metodi), comportano all’IRC una disponibilità di tempo inferiore rispetto alle altre discipline (solo 33 ore annue per classe), l’esclusione dagli esami, la valutazione del profitto raggiunto dagli alunni su una scheda a parte, la facoltatività in luogo non solo dell’obbligatorietà, ma anche di un’opzionalità obbligatoria con altri eventuali insegnamenti analoghi. Non si vuole qui giustificare o criticare tale situazione; non intendo parlare della mia esperienza scolastica in modo ideologico o pregiudizialmente schierato, voglio però sottolineare che, come insegnante, al fine di rendere efficace la mia attività di insegnamento, ho dovuto tener conto dell’esistenza di tali vincoli, perché rendono l’IRC giuridicamente molto più debole rispetto alle altre discipline. Di conseguenza, se non si è in grado di contrastare i meccanismi delegittimanti che tali vincoli innescano nella vita scolastica, si corre il costante rischio di compromettere seriamente gli esiti formativi dell’attività didattica.
I problemi che derivano da questa particolare natura dell'IRC, che ho sperimentato e che sperimento nel mio insegnamento, sono di tipo pratico e di tipo teorico. Dal punto di vista pratico infatti, come docente, ogni anno devo gestire l’insegnamento in 18 classi diverse ed occuparmi mediamente di circa 400 alunni. Devo inoltre mantenere un rapporto di collaborazione con un elevato numero di colleghi e partecipare a 18 consigli di classe. I problemi di tipo teorico invece derivano da carenze strutturali della mia formazione di base. Quando sono entrato nella scuola, infatti, mi sono accorto di non essere stato opportunamente corredato di strumenti utili ad affrontare tutti i problemi educativi e didattici presenti nella scuola italiana e, soprattutto, quelli specifici dell'IRC.
Alla luce dell’esperienza compiuta in questi anni, posso dire che i problemi gestionali dipendenti dall’elevato numero di classi e di allievi, hanno inciso meno sull’efficacia del mio lavoro, da quando ho iniziato ad usare in modo sistematico gli strumenti offerti dall’informatica; da quando, inoltre, ho usato con continuità dei descrittori posti su griglie, di veloce e facile composizione, atti ad osservare e rilevare il comportamento degli alunni. Notevoli progressi nella gestione dei gruppi classe li ho avuti in seguito all’elaborazione di prove oggettive strutturate, finalizzate alla verifica delle conoscenze e delle abilità acquisite. Lo sviluppo di competenze informatiche, mi ha permesso di velocizzare i tempi di somministrazione e correzione delle verifiche e di introdurre inoltre delle situazioni didattiche finalizzate all’autocorrezione, molto utili all’apprendimento. L’uso del computer mi ha aiutato, oltre che nella redazione delle prove strutturate, nella correzione delle stesse, che oggi infatti, riesco a svolgere in modo automatico ed abbastanza veloce. Ciò mi ha permesso di utilizzare i tests di verifica più frequentemente e di valutare più prontamente l’efficacia del mio insegnamento.
I problemi di natura teorica derivano dal tipo di formazione ricevuta. Nel mio percorso di studi universitari infatti, ho avuto modo di approfondire in modo abbastanza ampio i contenuti specifici della mia disciplina, mentre la formazione psico-pedagogico-didattica, anche se non trascurata, mi ha fornito strumenti derivati quasi esclusivamente dalla didattica comportamentistica-cognitivista. Com’è noto, si tratta di un tipo di approccio all’insegnamento molto adeguato per l’organizzazione sequenziale e progressiva dell’apprendimento, ma poco capace di favorire la motivazione ad apprendere e lo sviluppo delle metacompetenze.
Una prima conversione da questo approccio tayloristico all’insegnamento, l’ho avuta con l’avvento della legge 53, che mi ha avvicinato al modello costruttivista. In questa seconda fase, ho dato molto rilievo all’ambiente di apprendimento ed alle dinamiche di gruppo, seguendo il modello proposto dal cooperative learning. I problemi di natura organizzativa e logistica che l’attuazione di tale modello inevitabilmente comporta, e soprattutto l’elevato dispendio di tempo che l’organizzazione degli scenari di apprendimento causa, sia in fase di progettazione degli itinerari che in fase di attuazione, mi hanno indotto ad un mutamento di prospettiva verso il modello didattico ermeneutico. Ciò mi ha permesso di centrare il processo di insegnamento-apprendimento su una prospettiva di tipo esistenziale, senza abbandonare l’ipotesi costruttivista e ricadere così nel cognitivismo. Infatti, mentre il modello costruttivista, finalizzato all’attivizzazione del discente attraverso la proposta di compiti rielaborativi più che ripetitivi dei contenuti, assegna il primato al metodo di studio ed al lavoro cooperativo, ma mette in secondo piano i contenuti disciplinari; il modello ermeneutico-esistenziale recupera la centralità dei contenuti (in quanto esistenzialmente significativi) senza relativizzare l’apprendimento di un metodo di studio efficace. Per questa sua caratteristica doppiamente motivante, sia sul fronte dei contenuti che su quello dell’apprendimento del metodo di studio, ho ritenuto questo modello più adeguato a determinare il coinvolgimento attivo ed emotivo in una disciplina facoltativa come l’IRC.


L’azione didattica

La metodologia che applico nel mio insegnamento deriva dal principio di correlazione, teorizzato da Paul Tillich. Com’è noto, secondo questa teoria, per promuovere la formazione integrale della persona ed un apprendimento significativo è necessario partire sempre dall’esperienza personale degli alunni, per poi agganciare i contenuti d’insegnamento al loro vissuto. Il processo si conclude poi con una nuova sollecitazione all’analisi della propria esperienza, condotta alla luce delle nuove cognizioni acquisite. Il lavoro in classe, nel dettaglio, prevede le seguenti fasi attuative:

Fase 1: Problematizzazione

In questa fase ci si propone di sollecitare l’analisi di situazioni concrete vissute in prima persona degli alunni, al fine di individuarne lo spessore problematico. Particolare rilievo in questa fase assume la formulazione delle attese e degli interrogativi suscitati dalla situazione, che, dapprima espressi in modo generico e confuso, si precisano nella individuazione di una domanda mirata, circostanziata, definita, circoscritta, capace di dirigere la ricerca.

Fase 2: La ricerca sulle fonti orientata

In questa fase ci si propone di individuare tra il patrimonio culturale offerto dalla tradizione, quei testi che possono offrire delle risposte adeguate alla domanda mirata. Questi contributi significativi alla ricerca, che la tradizione nasconde e conserva, ovviamente non sono quasi mai direttamente fruibili e necessitano di una opportuna decifrazione, catalogazione ed interpretazione che li rende capaci di rispondere in modo puntuale alla domanda mirata. Qui l’insegnante è pertanto chiamato ad offrire un metodo efficace ad interpretare le fonti oggetto d’indagine.

Fase 3: Verifica delle nuove conoscenze ed abilità acquisite.

In questa fase, attraverso prove strutturate, si vuole misurare quanto il lavoro di ricerca abbia aumentato le conoscenze e le abilità degli alunni.

Fase 4: Confronto con le istanze attuali, ricerca delle soluzioni ed apertura alla progettualità

In questa fase si ritorna alla situazione di vita in cui si è immersi con la sua originalità e specificità, e si promuove un confronto con le nuove acquisizioni ottenute dall’interpretazione della tradizione. Ognuno viene invitato a riconoscere il percorso compiuto ed il cambiamento avvenuto, ad individuare soluzioni originali ed a progettare il futuro.


Metodo.

L’esperienza realizzata nella scuola, mi ha permesso di diversificare gli strumenti procedurali utili all’apprendimento dell’alunno. Nella prima fase didattica, quella dedicata alla problematizzazione, gli alunni possono ricevere sollecitazioni ad analizzare i propri vissuti attraverso un’organizzazione della classe di tipo cooperativo (cooperative learning). In questa fase inoltre è spesso adottata la strategia del brainstorming, (che ritengo sia particolarmente adatta a suscitare un primo approccio al problema e l’emersione dei concetti previ) e la produzione di mappe mentali (che ritengo particolarmente utili ad organizzare le precompressioni). Questa procedura è spesso preceduta da una lezione frontale od interattiva, utile a chiarificare i problemi, ad indirizzare adeguatamente la ricerca ed a illustrare il tipo di organizzazione da realizzare, e/o dalla visione di un filmato, dalla lettura di un testo, da una proposta di soluzione di un caso concreto, ecc., capaci di suscitare la riflessione e la problematizzazione.
Nella seconda fase, dedicata all’analisi dei testi utili ad illuminare i problemi sollevati, generalmente gli alunni sono invitati a lavorare prima singolarmente e poi in gruppo sui testi, al fine di interpretarli e decifrarli, secondo istruzioni programmate. Particolarmente promossa in questa fase è la produzione di mappe strutturali e di schemi sintetici interpretativi.
La terza fase dedicata alla verifica prevede, in genere, la somministrazione di prove strutturate oggettive e l’autocorrezione delle stesse da parte degli alunni, che ricevono così un immediato feedback e un rinforzo sia negativo che positivo.
La quarta fase prevede l’organizzazione di dibattiti e la valutazione attraverso delle griglie dei comportamenti adottati dagli alunni e/o la produzione di elaborati originali adatti ad esprimere i percorsi esistenziali compiuti.

Il rapporto con gli alunni

Nel rapporto con gli alunni cerco sempre di presentarmi come un professionista, mai neutrale sui valori fondamentali della vita. Da questo punto di vista, le scelte realizzate sul piano metodologico-didattico e la disciplina che insegno, mi hanno permesso di superare il nozionismo e di presentarmi agli alunni come un facilitatore del loro apprendimento, moralmente sempre schierato. In questa prospettiva, mi sforzo di non considerare gli alunni come dei recipienti vuoti da riempire con delle nozioni, e di avere un tipo di relazione fondata sulla distinzione dei ruoli, ma sulla comune responsabilità morale.
Questo stile comunicativo intende rispondere a due seri problemi che incontro quotidianamente nel mio rapporto con gli alunni: l’indisciplina ed il disimpegno. Ritengo infatti che l’indisciplina possa essere incoraggiata dalla neutralità rispetto ai valori (giustificata da una visione della scuola che esalta l’aspetto istruttivo e mette in secondo piano quello educativo) e che il disimpegno possa essere favorito da una carente professionalità degli insegnanti. Ritengo che ciò accada quando ci si preoccupa di trasmettere nozioni, senza facilitare e ricercare un significativo e duraturo apprendimento. Responsabilità morale e professionalità sono pertanto i due valori che cerco di testimoniare nelle mie relazioni con gli alunni e che desidero siano apprezzati e possibilmente realizzati nella loro vita.


Conclusione

Quando nel 2001 ho dovuto accettare il mio primo incarico nella scuola media, dopo essere stato per diversi anni nella scuola superiore, ero molto preoccupato degli esiti del mio lavoro. Pensavo infatti di non avere uno stile comunicativo adatto per relazionarmi con i preadolescenti. Alla luce del cammino compiuto in questi anni devo dire che sono riuscito ad inserirmi positivamente nella mia scuola. Ho infatti assunto diverse responsabilità anche di tipo gestionale. Da cinque anni svolgo la funzione di referente disciplinare. Ciò mi ha permesso di riflettere maggiormente sul mio lavoro e sul ruolo che deve assumere l’IRC all’interno della scuola ed a superare, nei limiti del possibile, i problemi che esso vive. Da quest’anno mi occupo anche della gestione del POF.


Scrivimi polidori.mas@tiscali.it